Nel cuore del Parco Nazionale Gran Sasso e Monti della Laga sorgono alcuni dei borghi più belli d’Abruzzo, paesi che come tanti altri del meridione italiano vivono in prima persona le conseguenze dello spopolamento. Se da una parte l’economia della lana che per secoli ha rappresentato un’importante fonte di sostentamento è ormai scomparsa, rimangono ma in maniera in residuale le attività legate alla pastorizia. Le proiezioni non sono ben auguranti. Il rischio è che in pochi anni i sacrifici di generazioni passate siano vanificati e che questi centri diventino villaggi-fantasma abbandonati alla forza della natura. Reinventarsi è la soluzione. In questa direzione il settore turistico diventa fondamentale, terreno fertile per un territorio affinché possa ripartire più forte di prima. Un esempio chiaro e lampante lo troviamo in Abruzzo, più precisamente a Santo Stefano di Sessanio, con l’albergo diffuso Sextantio. Lo stesso modello è stato esportato poi nella città di Matera.
Daniel Kihlgren è stato il fautore di questa rinascita. Nel 1999 capitò per caso in questo borgo medievale e se ne innamorò. Decise di ritornarci per acquistare case di pietra, abbandonate e diroccate. Ha trasformato il paese in una struttura ricettiva itinerante con il nome Sextantio, “Sei Miglia”, ovvero la distanza del centro abitato da San Marco, la circoscrizione all’epoca più importante tra Castel del Monte e Rocca Calascio.
Sextantio – L’albergo diffuso
29 camere da letto che raccontano il passato, abitazioni eleganti e confortevoli che si estendono tra le vie del paese. In una di queste ho trascorso una fresca notte d’inizio estate. Gli interni delle stanze sono ispirati alle fotografie che il linguista svizzero Paul Scheuermeier scattò in Abruzzo nei primi anni del Novecento. Ciò che contraddistingue Sextantio è l’utilizzo di materiali poveri del territorio attraverso l’accurato recupero di aree abitative in disuso e di quegli oggetti che probabilmente sarebbero finiti in discarica. Basti pensare che la reception dell’albergo un tempo era una stalla. Nessuna formula alberghiera preconfezionata, anche la gestione del cliente è affidata alla gente del posto. Le camere sono un autentico salto indietro nel tempo con l’aggiunta di qualche piccola comodità a cui oggi siamo abituati. Il riscaldamento corre sotto i pavimenti originali, in cotto o in legno. I materassi, di lana, poggiano su tavolacci in legno con strutture in ferro battuto. I copriletto colorati con tradizionali disegni abruzzesi, sono filati con telaio dell’800. I saponi artigianali non profumati, sono ottenuti da olio di oliva e cera d’api. Le uniche concessioni: la connessione wi-fi gratuita e la scelta di sanitari contemporanei dal design sobrio e geometrico. Non ci sono televisori, frigobar o telefoni.
Santo Stefano di Sessanio, Sextantio |
Santo Stefano di Sessanio
Qualche anno fa il simbolo di questo borgo medievale fortificato era la sua torre medicea, poi il terremoto che colpì L’Aquila e provincia nel 2002 ha spazzato via anche questo baluardo che presto verrà ricostruito. Il tempo sembra essersi fermato a Santo Stefano di Sessanio. Abitazioni quattrocentesche, vicoli, archi e gallerie caratterizzano questo paese adagiato ad oltre 1250 metri di altitudine. Il mio consiglio è quello di vagare senza meta, perdersi e poi ritrovarsi magari sotto la porta d’ingresso sud-est dove svetta lo stemma della Signoria di Firenze. Oppure arrivare alla Casa del Capitano, chiamata così durante la Seconda Guerra Mondiale quando fu occupata dagli squadroni fascisti. Le logge della casa sono state realizzate dagli stessi maestri fiorentini che progettarono il Palazzo delle Logge, un palazzo nobiliare dai caratteri facilmente riconoscibili. Passeggiate tra le tortuose viuzze osservando le “case-torri”, edifici con mura alte e spesse e con finestre minuscole costruite per scopi di difesa.
Santo Stefano di Sessanio |
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