Se c’è una zona del Kenya che amo particolarmente è senza alcun dubbio il nord. Scelgo questa parte del Paese perché in grado di combinare bellezze naturali incontaminate ad incontri culturali ancora autentici, a differenza di molti luoghi in Africa. Alcune ragioni convincenti per visitare il nord del Kenya? Ve le spiego punto per punto.
Contenuti del post
Perché visitare il nord del Kenya?
- Autenticità culturale: il nord del Kenya accoglie una varietà di comunità etniche, tra cui i Samburu, i Rendille, i Gabbra, i Turkana e i Pokot. Queste comunità preservano con orgoglio le proprie tradizioni, lingue, usanze e modi di vita distinti, offrendo ai visitatori l’occasione di vivere un’esperienza autentica, lontana dalle influenze del turismo di massa. Interagire con le comunità locali offre una prospettiva unica sulla vita delle popolazioni nomadi. Dai colorati accampamenti alle tradizionali danze tribali, i visitatori è possibile apprezzare la ricchezza culturale di queste comunità.
- Paesaggi vari e spettacolari: Dalle valli verdi alle savane brulle, dalle imponenti montagne agli antichi vulcani, la regione settentrionale del Kenya regala una varietà di paesaggi mozzafiato. I deserti di Kaisut e Chalbi, unitamente a parchi come Samburu, offrono scenari suggestivi e incontaminati, rompendo gli stereotipi associati comunemente al paesaggio keniano.
- Fauna selvatica intatta: diversamente dai parchi nazionali più turistici del sud, come il Masai Mara, la frequentazione turistica nel Samburu è sporadica, permettendo ai visitatori di godere degli avvistamenti di fauna selvatica in assenza di disturbi. Avrete l’opportunità di osservare gli “Special Five” e altre specie animali in un ambiente più intimo ed esclusivo.
- Traversata desertica unica: il percorso attraverso il deserto, dalla Riserva di Samburu al Lago Turkana, è un’esperienza straordinaria. Il viaggio attraverso vasti territori desertici, incontri con tribù nomadi e la varietà dei paesaggi offrono un’immersione completa in un ambiente remoto e affascinante.
- Lago Turkana e Popolo El Molo: il lago Turkana, il più grande lago alcalino del mondo, regala panorami unici. L’incontro con il popolo El Molo, una comunità di pescatori che abita sulle sue sponde, aggiunge un elemento affascinante all’esperienza, permettendo di comprendere le sfide e le difficoltà della vita in prossimità delle sue acque alcaline.
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In questo post mi concentrerò sul punto numero 1 e vi parlerò delle etnie da me incontrate durante i miei viaggi nel nord del Kenya.
Il nord. Un viaggio tra le etnie
Samburu
A settentrione del maestoso Monte Kenya e della regione centrale, il paesaggio si evolve gradualmente, trasformandosi in lande sempre più desolate abitate da popolazioni rimaste sostanzialmente nomadi e fortemente legate alla loro identità. Ci troviamo di fronte a una dimensione del Kenya poco conosciuta, “alternativa”, lontana dalle frequentate piste dei grandi parchi nazionali del sud e dalle spiagge paradisiache dell’Oceano Indiano. Tuttavia, è proprio questo il Kenya più autentico e suggestivo.
La Riserva di Samburu, insieme alle vicine Buffalo Springs e Shaba, trae il suo nome dall’omonima popolazione di origine nilotica. La storia dei Samburu è collegata a quella delle tribù nilotiche del Kenya. Originari del Sudan, si stabilirono a nord del Monte Kenya e sud del Lago Turkana nel XV secolo, separandosi dai Maasai. La dominazione coloniale britannica ebbe scarso impatto su di loro, poiché la loro terra non suscitò particolare interesse da parte degli inglesi.
La comune origine si riflette nella forte somiglianza tra i due popoli semi-nomadi, con una continuità negli usi e costumi, compresa la lingua maa.
A differenza dei Maasai, i Samburu mantengono fortemente le loro antiche tradizioni e sono popolo seminomade. Il bestiame, come mucche, capre e cammelli, riveste un ruolo centrale nella loro vita, fornendo cibo e sostentamento. La dieta si basa principalmente su latte e occasionalmente sul sangue delle mucche.
La contea di Samburu è caratterizzata da terreni aridi, costringendo la tribù a spostarsi regolarmente per trovare nuovi pascoli. Le loro capanne, chiamate manyatta, sono costruite con pelli, fango e stuoie d’erba. Gli uomini Samburu si occupano del bestiame e della sicurezza tribale, mentre le donne si dedicano alla raccolta di cibo, alla cura dei figli e alla gestione delle attività domestiche.
La gerontocrazia è la base della loro struttura sociale, con gli anziani che prendono decisioni cruciali per la tribù.
La loro fede in Dio, Nkai, come fonte di protezione, si manifesta anche nella credenza che un anziano possa maledire un giovane per mancanza di rispetto, con Dio come arbitro della giustizia. In caso di maledizione, la vittima può offrire riparazioni all’anziano per ristabilire la benedizione e la protezione divina. Gli scontri con popoli circostanti li hanno portati a formare alleanze, in particolare con i Rendille, come risposta alle pressioni degli Oromo nel XVI secolo.
Le cerimonie, come matrimoni e circoncisioni, sono organizzate dagli anziani. La circoncisione segna il passaggio alla maturità, consentendo il matrimonio successivo.
La vita dei giovani Samburu, noti come Moran, è segnata dalla cerimonia di circoncisione che diventa fondamentale in un atto di passaggio verso la vita di guerriero. Durante questa fase, i giovani vivono separati e imparano usanze tribali, sviluppando forza e coraggio. Anche le ragazze Samburu sono anche sottoposte a circoncisione, segnando il passaggio alla vita adulta e permettendo matrimoni combinati. Tuttavia, sforzi governativi e delle ONG hanno ridotto le pratiche di circoncisione e matrimonio precoce, consentendo a molte ragazze di accedere all’istruzione.
La tribù indossa abiti tradizionali colorati, con gioielli che rappresentano lo status sociale.
La danza è parte integrante della cultura Samburu, simile a quella dei Maasai, senza l’uso di strumenti musicali. La raccolta del sangue è una pratica tradizionale, effettuata con attenzione per sigillare la ferita e consumata solo in occasioni speciali. La dieta comprende anche verdure, radici e tuberi trasformati in zuppe.
La vita dei Samburu ruota attorno alla natura, alle tradizioni e alla connessione con il bestiame che svolge un ruolo vitale nella loro esistenza.
A differenza dei grandi parchi del sud, nella contea di Samburu la presenza turistica è sporadica, e la fauna selvatica si muove ancora indisturbata. L’essere spesso soli di fronte agli avvistamenti degli “Special Five” e delle grandi mandrie di mammiferi o carnivori aggiunge un valore unico al parco, rendendolo uno dei luoghi più “esclusivi” del Kenya.
Il paesaggio varia da acacie a palme dum, da verdi vallate a savane brulle, da colline e montagne a fiumi e antichi vulcani, componendo uno dei panorami più suggestivi del Kenya. Geograficamente, può essere considerata la porta d’accesso alle vaste terre bruciate dal sole e dalla siccità del nord, abitate sporadicamente da popolazioni di pastori nomadi. Questi popoli, con il loro spirito di adattamento, sono i soli custodi dei segreti di una vita al limite dell’essenziale.
Riassumendo, la traversata desertica tra la Riserva di Samburu e il Lago Turkana è un’esperienza affascinante ed emozionante, caratterizzata da distese desolate, talvolta abitate da tribù e accampamenti, rimasti ai confini della realtà.
Durante il viaggio, si incontrano donne Samburu splendidamente adornate con collane di perline e cuoio, manyatta di guerrieri con addobbi e scarificazioni tribali, e suggestive danze ipnotiche tra capanne di sterco e fango, circondate da mandrie di zebù in uno scenario surreale di polvere e acacie.
Borana, Rendille e Gabbra
Più a nord, si estendono i deserti di Kaisut e Chalbi, interrotti solo dall’oasi tropicale montagnosa del Parco Marsabit. Questo luogo funge da crocevia per popolazioni nomadi musulmane, principalmente di origine cuscitica, che si spostano con le loro mandrie di dromedari e capre in cerca di acqua, pascoli e provviste. Le carovane colorate dei Borana, gli accampamenti dei Rendille con i loro collier vivaci e le capanne ingegnose, e i clan di pastori Gabbra nell’arido Chalbi, tutti contribuiscono a creare un mosaico culturale unico.
I Borana, una sottoetnia del popolo Oromo, vivono sia nell’Etiopia meridionale (Oromia) che nel Kenya settentrionale. Parlano un dialetto oromo distinto e mantengono una cultura unica. Il loro sistema politico storico, chiamato gadaa, è una caratteristica distintiva. La popolazione segue religioni tradizionali, l’Islam e il cristianesimo ortodosso etiope.
Originatisi come parte del popolo Oromo tra il XII e il XV secolo, i Borana svilupparono una confederazione tribale con i Barentu. Mentre i Barentu si espansero verso est, i Borana si distinsero per l’organizzazione gadaa e si espansero in altre direzioni.
Gli Oromo, inizialmente una società omogenea, si governavano con il sistema gadaa, un sistema democratico limitato che eleggeva maschi per vari ruoli ogni otto anni. La circoncisione era un rito cruciale per gli uomini, segnando l’inizio della fase di guerriglia. Gli Oromo mantenevano una stratificazione sociale con nobili, Gabbaro, artigiani e schiavi.
La vita quotidiana dei Borana è strettamente legata all’allevamento di bestiame, principalmente cammelli. Le donne svolgono un ruolo essenziale nella costruzione delle case e nell’esecuzione di danze rituali. La struttura delle capanne Borana è costituita da legno e pelli, posizionate in cerchio con bastoni piantati e collegati da corde.
La scelta di una moglie è spesso influenzata dalla madre, e le donne anziane sono onorate come custodi delle tradizioni tribali. La religione tradizionale Borana, influenzata dall’Islam negli ultimi anni, è basata sulla fede in un unico Dio chiamato Wak. Le credenze sono legate agli spiriti Ayana, essenziali per i rituali e i sacrifici legati alle mandrie, che garantiscono fertilità e salute.
Le figure spirituali, tra cui gli sciamani chiamati Qalla, sono rispettate. La loro religione è fortemente legata alle mandrie, necessarie per i rituali e i sacrifici. L’Islam ha guadagnato influenza, ma il cristianesimo ha una presenza limitata. La vita nomade dei Borana ha ridotto i contatti con il cristianesimo, e la loro cultura continua a essere radicata nelle tradizioni e nelle credenze antiche.
I Rendille sono una tribù cuscitica che risiede nella regione a cavallo tra le colline di Marsabit e il lago Turkana, nel Kenya settentrionale. L’etnonimo Rendille, che si traduce come “Detentori del bastone di Dio”, riflette la loro origine etiopica e la migrazione verso il Kenya a causa dei conflitti con la tribù Oromo. La loro vita pastorale si basa sul bestiame, con i cammelli che dominano nelle aree desertiche settentrionali, fornendo latte e carne essenziali durante le migrazioni verso nuovi pascoli.
Nonostante le condizioni climatiche avverse, i Rendille sono stati risparmiati dall’influenza del dominio coloniale britannico, poiché la loro terra non attirava l’interesse degli inglesi. Il loro stile di vita pastorale ruota intorno al bestiame, con un’importante influenza culturale e pratica derivante dai vicini Samburu. Le relazioni strette con i Samburu hanno contribuito alla formazione di una cultura ibrida, con i Rendille meridionali che allevano anche bovini, pecore e capre.
Il ruolo sociale dei Rendille è determinato da età e sesso. La circoncisione è un rito cruciale per gli uomini, segnando l’inizio della loro fase di guerriglia, incaricati di proteggere il bestiame dai predatori e dai ladri. Le donne sono responsabili dei compiti domestici e della cura dei bambini. La pratica dell’infibulazione è comune tra le donne Rendille.
Il matrimonio è un processo guidato dai genitori, con un tabù contro i matrimoni all’interno dello stesso clan. I matrimoni vengono organizzati e negoziati dai genitori, compreso il prezzo della sposa. Le ragazze vengono spesso “prenotate” in giovane età e sposate a dieci o dodici anni.
La religione tradizionale dei Rendille comprende preghiere alla luna, sacrifici di animali e la venerazione degli spiriti ancestrali. Il loro dio è chiamato Wakh, e le pratiche religiose tradizionali mostrano somiglianze con quelle ebraiche. Nonostante ciò, il seguace islamico tra i Rendille è limitato rispetto ad altri gruppi cuscitici kenioti.
I Gabbra (anche Gabra) sono un gruppo etnico di origine cuscitica che abita gli altopiani dell’Etiopia meridionale e la regione di Marsabit del Kenya settentrionale. La loro migrazione nel Kenya settentrionale nel XV secolo è stata guidata dalla loro natura pastorale, stabilendosi nelle attuali regioni di Moyale, Marsabit, North Horr e nel vasto deserto di Chalbi, mantenendo stretti legami con gli Oromo, in particolare i Borana.
La maggioranza dei Gabbra è di fede musulmana sunnita, con una minoranza che pratica ancora le antiche credenze tradizionali somalo-waqi, integrate con pratiche islamiche sufi nominali. Praticano pellegrinaggi a siti sacri come Hesi-Nabo e Agal, situati nelle loro terre tradizionali. Le attività religiose coinvolgono sacrifici di animali e preghiere rituali, guidate dai Dabela, i leader religiosi.
Vivere in equilibrio con l’ambiente difficile è essenziale per i Gabbra, che proteggono la terra, gli animali e la comunità. Praticano tabù alimentari e vegetali, conservano alberi adulti chiamati “korma” e mostrano rispetto per le donne incinte e gli animali gravidi. La gestione delle risorse prevede migrazioni stagionali verso gli altipiani durante le piogge per permettere ai pascoli di ricostituire le risorse idriche nella stagione secca.
L’economia dei Gabbra è basata sull’allevamento misto di cammelli, bovini, pecore e capre, con una forte enfasi sulla reciprocità. I cammelli sono cruciali per la sicurezza alimentare, fornendo carne e latte durante la stagione secca e trasportando beni e acqua. Le case dei Gabbra, chiamate mandasse, sono tende leggere a cupola fatte di radici di acacia e pelli di cammello.
La vita dei Gabbra è intensamente lavorativa, con divisione di compiti specifici. Le donne hanno un ruolo significativo nella preparazione e disfatta dei campi e sono le “proprietarie” delle capanne. I bambini iniziano a lavorare a 7 anni, principalmente nell’accudire gli animali, mentre le nonne si dedicano all’allevamento e all’educazione dei più giovani. La comunità Gabbra riflette una stretta connessione con la terra, gli animali e le tradizioni culturali.
Turkana e El Molo
Avvicinandosi alla regione del lago Turkana, il paesaggio diventa più sassoso e vulcanico, con capanne circolari in legno, pelli e foglie di palma dum abitate dal popolo dei Turkana. Ancora animisti, sono riconoscibili esteticamente dai cerchi di collane rigide e dagli orecchini a forma di foglia. In passato considerati i guerrieri nomadi più spietati della regione, molti si sono convertiti alla pesca a causa dell’inaridimento progressivo della terra. Condividono il lago con la minuscola comunità di pescatori El Molo, che affronta le burrascose tempeste con piccole zattere di tronchi dum.
I Turkana sono un popolo nilotico originario del distretto di Turkana, nel Kenya nord-occidentale, con una cultura radicata in una regione semi-arida che confina con il lago Turkana a est e con diverse tribù a sud, ovest e nord. Rappresentano il terzo gruppo etnico nilotico più numeroso in Kenya e condividono una stretta connessione con la loro terra, chiamata Turkana.
La fede dei Turkana è centrata sull’Essere Supremo chiamato Akuj, responsabile della creazione del mondo e del controllo delle benedizioni della vita. Gli antenati, chiamati ngipean o ngikaram, sono considerati malevoli e richiedono sacrifici di animali per placare la loro ira. Gli ngimurok, specialisti religiosi, fungono da intermediari tra i viventi e gli antenati, risolvendo i problemi nelle comunità.
L’abbigliamento tradizionale dei Turkana include fasce fatte di tessuti rettangolari e pelli di animali. Gli uomini indossano fasce simili a tuniche, collegate sulla spalla destra, e portano coltelli da polso. Spesso portano anche sgabelli, utilizzati come sedie e poggiatesta. Le donne indossano collane e rasano completamente i capelli, talvolta adornati con perline. Il bestiame è cruciale per i Turkana, fornendo cibo e ricchezza.
La pesca nel lago Turkana è importante per chi vive vicino al lago. Nonostante l’alto tasso di analfabetismo, alcuni Turkana istruiti hanno contribuito ad altri settori dell’economia keniota. La cultura Turkana riflette la vitalità della vita pastorale e la connessione profonda con la terra e il bestiame.
Rimanendo in zona, gli El Molo sono un gruppo etnico unico e affrontano sfide significative legate al loro piccolo numero e alla pressione delle tribù circostanti. Originariamente stanziati a nord del lago Turkana, la pressione da parte di altre tribù li ha spinti a spostarsi a sud, sulle isole del lago. Attualmente, la loro popolazione è di circa 300 persone, e molte di esse sono mescolate con popolazioni nilotiche confinanti come Samburu e Turkana.
La vita degli El Molo è centrata sulla pesca, data la loro ubicazione sulle rive del lago Turkana. Tuttavia, affrontano sfide legate all’inquinamento del lago, che ha un impatto diretto sulle loro fonti di sostentamento. La dieta principale degli El Molo è basata sul pesce, ma cacciano anche altri animali selvatici come coccodrilli e tartarughe. La pratica della caccia all’ippopotamo conferisce uno status sociale elevato ai guerrieri.
A causa di matrimoni con altre tribù e dell’abbandono dello stile di vita nomade, molti El Molo non sono più “puri” dal punto di vista etnico. Hanno assimilato le usanze delle tribù circostanti e alcuni hanno adottato il cristianesimo, mescolandolo con le loro tradizioni culturali. La vita tradizionale degli El Molo si riflette nelle capanne costruite sulle rive del lago Turkana, anche se stanno gradualmente adottando case permanenti in cemento. Gli anziani sono spesso coloro che indossano abbigliamento tradizionale, come collane e braccialetti di perline.
La religione tradizionale degli El Molo è incentrata sul culto di Waaq/Wakh, che ha radici nella cultura Oromo. Tuttavia, alcuni membri della comunità hanno abbracciato il cristianesimo. Le pratiche funerarie includono la sepoltura sotto piccoli tumuli di pietre sulla riva del lago, con il villaggio che si allontana dal luogo della sepoltura per rispettare i defunti. Gli El Molo rappresentano un esempio unico di adattamento e preservazione delle loro tradizioni in un contesto in evoluzione.
Pokot
Scendendo verso sud-ovest, in direzione del Lago Baringo e del Lago Nakuru, si incontrano i clan della popolazione Pokot, un gruppo nilotico di antica origine. La leggenda narra che siano gli unici vincitori sugli spietati guerrieri Turkana e Masai.
Il popolo Pokot è un gruppo etnico che vive principalmente nella contea di West Pokot e nella contea di Baringo in Kenya, oltre al distretto Pokot nella regione Karamoja orientale in Uganda. Appartengono al gruppo etnico Kalenjin e parlano la lingua Pökoot. La loro identità si è formata nella Valle di Kerio forse alla fine del XVIII secolo o al massimo entro la metà del XIX secolo.
La società Pokot si divide in coltivatori, noti come “popolo del grano”, e pastori, chiamati “popolo delle mucche”. La ricchezza e la prosperità nella società Pokot sono misurate principalmente in base al numero di mucche possedute. Le mucche svolgono un ruolo centrale nella vita Pokot, utilizzate per il baratto, lo scambio e come forma di dote per il matrimonio. La poligamia è pratica comune, e un uomo può sposare più donne a condizione che possa offrire un numero sufficiente di mucche alle famiglie delle spose.
La posizione delle donne nella società Pokot è spesso considerata debole. Non hanno voce nei forum pubblici e mancano di autorità all’interno delle loro case. La ricchezza di una donna è spesso misurata in base alle mucche che riceve come dote al momento del matrimonio. La malattia e la morte sono temute, e molti rituali religiosi sono orientati alla prevenzione delle malattie e alla ricerca di guarigioni.
La religione tradizionale dei Pokot ha Tororot come divinità suprema. Le preghiere e le offerte vengono fatte a Tororot durante le riunioni comunitarie, feste e danze, solitamente presiedute da anziani della comunità. Gli indovini e gli uomini di medicina hanno un ruolo significativo nel mantenere l’equilibrio spirituale, e i Pokot credono nella stregoneria, utilizzando varie forme di protezione contro gli stregoni.
La società Pokot è suddivisa in classi di età, con iniziazioni per giovani uomini e donne. Queste cerimonie segnano la transizione verso l’età adulta e creano legami significativi tra i membri dello stesso gruppo di iniziazione. Gli anziani della comunità hanno responsabilità importanti, presiedendo alle decisioni cruciali e alle cerimonie comunitarie.
Negli ultimi tempi, la società Pokot ha attraversato una fase di transizione influenzata da nuove opportunità di interazione educativa, economica e sociale. Sebbene molti di questi cambiamenti abbiano portato benefici, sono anche associati a sfide come la disintegrazione della società tradizionale e modifiche nei modelli di malattie.
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