Acque dalle sfumature azzurre che contrastano con il marrone delle aride montagne circostanti. Il Pangong Tso è semplicemente uno dei laghi più belli del Ladakh.
Monastero di Thiksey, Thiksey Yarchos Chenmo |
Nella località di Kharu sostiamo ad un check point per la registrazione dei passaporti. Portate sempre con voi i vostri documenti, il Ladakh è un territorio molto militarizzato e i controlli sono frequenti. Svolta a sinistra ed ecco che la strada comincia a peggiorare alternando tratti malamente asfaltati ad altri sterrati. Gruppi di uomini dalla pelle scura bruciata dal sole lavorano per migliorare la carreggiata spaccando pietre con il solo aiuto delle piccozze. La nostra guida ci dice che provengono dalla regione del Bihar, arrivano fin qui cercando fortuna lavorativa e alla fine si accontentano di una vita caratterizzata da fatiche e sacrifici. Il percorso intanto ci regala una splendida vista sul villaggio di Chemrey e sul Thekchhok Gompa, un monastero in cima ad un’altura che domina tutta la vallata sottostante.
Chemrey, Thekchhok Gompa |
A Sarthi l’arteria è momentaneamente chiusa ed aspettiamo l’ordine dei militari in uno spartano cafè-ristorante in compagnia di alcuni cani randagi. Cominciamo a salire verso il Chang La Pass percorrendo quella che è considerata la terza strada carrozzabile più alta al mondo ma siamo costretti ad una nuova sosta obbligata. Una frana ha ostruito il passaggio e una ruspa sta ultimando i lavori di pulizia. Fortunatamente si tratta di pochi minuti d’attesa. Saliamo costantemente e più saliamo e più ci accorgiamo di quanto l’aria sia rarefatta. Speravo di non avere problemi ma non è così: prima il mal di testa, poi la difficoltà a respirare ed infine la pressione bassa con il rischio di svenimento. In cima al passo la quota massima segna 5289 metri.
Salendo verso il Chang La Pass |
Chang La Pass |
Ci fermiamo e qualcuno decide di fare una passeggiata per scattare foto ricordo. Io invece non ho la forza nemmeno per aprire la portiera del mezzo, desidero solamente ripartire e scendere di quota. In questi casi è l’unica medicina efficiente per combattere il mal di montagna. In effetti non impiego molto a riprendermi, soprattutto se a temprare l’animo ci sono paesaggi così belli. Il passo lascia progressivamente spazio ad una vallata rigogliosa solcata da fiumiciattoli e punteggiata qua e là da marmotte. In alcuni casi siamo costretti a superare guadi più o meno profondi attraversati anche da intrepidi motociclisti.
Raggiungendo il lago Pangong Tso |
Il lago Pangong Tso appare magicamente dopo quasi sei ore di viaggio. Ci fermiamo a Lukung, una località sulle sponde dello specchio d’acqua caratterizzata da una serie di parachute cafè, luoghi di ristoro che offrono pasti caldi agli escursionisti di passaggio. In uno di questi consumiamo il nostro pranzo ordinando un piatto di momo vegetariani. Nel frattempo il meteo sembra cambiare repentinamente e noi abbiamo il tempo solamente di fare una veloce passeggiata contemplando il panorama prima che si scateni una tempesta di vento e pioggia. La temperatura è scesa di colpo e sulle vette circostanti ha addirittura cominciato a nevicare. Il luogo più fotografato del lago non può che essere lo “Shooting Point”, una lingua di sabbia adornata da bandiere di preghiera buddhiste.
Lago Pangong Tso |
Siamo costretti a risalire sui nostri mezzi e a metterci nuovamente in marcia con direzione Leh con il pensiero di rifare almeno cinque ore movimentate. Questa volta supero il passo con qualche difficoltà in meno e proprio quando pensiamo di aver superato la parte più difficile ecco che arriva nuovamente l’imprevisto. Dall’alto scorgiamo una lunga coda di auto in un tratto di strada che dovremmo percorrere da lì a poco. Inizialmente non sappiamo cosa stia succedendo, forse una frana, forse un incidente. Rimaniamo bloccati a quota 4.300 metri in attesa di ricevere novità dai nostri autisti, poi veniamo a sapere che un camion si è ribaltato e dobbiamo attendere l’arrivo dei militari per sistemare le cose. Non ci crederete ma anche il mezzo militare chiamato per ripulire la strada ha un’avaria e così le cose si complicano e il tempo passa senza avere notizie certe. Scende la notte e insieme ad essa la temperatura. Alla fine sono tre le ore trascorse al freddo e in attesa di qualche comunicazione prima di rimetterci in viaggio. Solamente alle dieci di sera riusciamo a mettere piede nel nostro hotel.
Per maggiori informazioni:
www.viaggigiovani.it/tour-piccoli-gruppi/india-ladakh
Lascia un commento