Dopo il mio primo viaggio in Marocco mi sono sempre ripromesso di tornare in terra maghrebina per visitare la città blu di Chefchaouen. Antonio e Riccardo non avevano in mente di raggiungere questa pittoresca cittadina abbarbicata tra i monti del Rif ma hanno ugualmente voluto assecondare la mia volontà cambiando i loro programmi. Avevamo pensato di noleggiare un auto ma poi abbiamo optato per uno dei numerosi autobus che collegano Fes a Chefchaouen. Il consiglio è quello di comprare i biglietti un giorno prima per non rischiare di trovare il mezzo al completo, ipotesi più che concreta. Noi ci siamo affidati all’economica Abdou Voyages, 50 dirham il costo per quattro ore di viaggio. Vi racconto com’è andata.
Da Fes a Chefchaouen, viaggio in autobus |
Usciti dal centro abitato il paesaggio attraversato è simile a quello delle campagne del sud Italia con ulivi, agrumeti e ampie coltivazioni di ceci. Lasciamo alla nostra destra il lago artificiale Barrage Sidi Chahed e continuiamo superando pascoli e brulle campagne punteggiate qua e là da greggi di pecore. Palme nane compaiono a bordo strada. Giunti a metà del percorso sostiamo qualche minuto a Jorf El Melha per acquistare uno spuntino in uno dei chioschetti all’interno del terminal. Ripresa la marcia cominciamo progressivamente a salire di quota. Oltrepassiamo villaggi rurali e la città di Ouezzane.
Da Fes a Chefchaouen, viaggio in autobus |
A Dardara, pochi chilometri prima di arrivare a Chefchaouen, ci dicono che dobbiamo scendere dall’autobus. Un taxi ci sta aspettando per accompagnarci nella città blu. Siamo in sette all’interno di una Mercedes anni ottanta a cinque posti. Oltre a noi tre cinesi, due ragazze e un ragazzo. Coincidenza vuole che alloggiamo tutti nello stesso hotel, Casa Annasr, proprio di fronte al terminal degli autobus. La città blu appare dinanzi a noi, abbarbicata sotto le montagne del Rif. Vista da lontano siamo tutti delusi, solo alcune sporadiche abitazioni sono dipinte di blu. Eppure tutti quelli che conosco che hanno visitato Chefchaouen me ne hanno parlato entusiasti. Lasciamo le nostre valigie in hotel evitando i soliti fastidiosi procacciatori d’affari in cerca di turisti per offrire una visita guidata della città o di una delle tante piantagioni di cannabis sparse tra i monti. Le aspre montagne del Rif sono famose in tutto il mondo per la produzione di Kif. Non è un gioco di parole ma una droga leggera a base di cannabis che cresce rigogliosa in questa parte di Marocco. Si stima che qui si produca circa il 40% del quantitativo mondiale di hashish e oltre l’80% della cannabis fumata in Europa. Casa Annasr dista qualche chilometro dal centro di cittadino. Alla fine cediamo e per evitare di fare una lunga camminata in salita decidiamo di farci accompagnare alla porte della medina da uno dei procacciatori d’affari con il suo pulmino. Entriamo nella parte vecchia della città da Bab Souk e capiamo subito il motivo per il quale Chefchaouen sia considerata un paradiso dai fotografi: ogni vicolo offre uno scorcio da immortalare, ogni singolo elemento risalta sullo splendido sfondo azzurro delle abitazioni. Tutte le nostre perplessità svaniscono come d’incanto. Vista da lontano la città non rende minimamente merito rispetto a quello che un turista può trovarsi di fronte al suo interno. Prima di inoltrarci tra le intricate viuzze della medina decidiamo di trovare un ristorante dove pranzare. Ci accontentiamo di un tajine di pollo con verdure.
Chefchaouen, Bab Souk |
Chefchaouen, medina |
Chefchaouen, tajine di pollo con verdure |
Durante la visita della città non seguiamo un itinerario ben preciso, l’ideale è scoprire Chefchaouen senza meta, magari avendo come riferimento le piazze principali come Plaza Hauta, Plaza El Makhzen o la grande Plaza Outa El Hammam. È evidente che il nome “plaza” sia un vocabolo spagnolo. Questo perchè nel XVI secolo la città ospitò rifugiati e musulmani in fuga dalla Spagna divenendo per anni un centro autonomo e anticristiano. Anche l’architettura rispecchia un forte carattere andaluso frutto della storia della città con case imbiancate a calce, piccoli cortili e tetti piastrellati. Furono gli ebrei, obbligati a trasferirsi nella medina intorno al 1760 dal sultano Mohammed Ben Abdallah, a voler aggiungere il blu pastello sulle abitazioni. Plaza Outa el Hammam è il fulcro di Chefchaouen con ristoranti turistici, negozi di souvenir oltre alla Grande Moschea e all’accesso alla kasbah, un complesso con giardini ombreggiati e alcuni resti di antiche strutture.
Chefchaouen, medina |
Chefchaouen, Grande Moschea |
Chefchaouen, Plaza Outa el Hammam |
Plaza El Makhzen è invece la “piazza del governo” in epoca coloniale. Caratterizzata da un’antica fontana e da alcune bancarelle è la sede dell’Ensemble Artisanal, il luogo in cui è possibile osservare alcuni artigiani lavorare i prodotti tipici della città nelle loro botteghe. Come in tutte le principali città del Marocco anche qui solitari gatti vagano in totale libertà. Attraversiamo affollati mercatini, isolate stradine pedonali adornate da fiori colorati, vie turistiche ricche di negozietti. Il tempo sembra fermarsi e mentre noi vaghiamo senza un obiettivo preciso ci fermiamo in continuazione, ogni scorcio è tale da essere immortalato e fotografato.
Chefchaouen, medina |
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