Quante volte visitando un Paese ci siamo accorti di usanze e costumi, tanto lontani quanto diversi dai nostri. La Mauritania è un mondo a parte, differente nei modi e nello stile di vita rispetto all’Italia. In Mauritania ho avuto la fortuna di viaggiare già in due differenti occasioni, grazie al tour operator Kanaga Adventure Tours con il quale collaboro. Da qui è nata l’idea di raccontarvi alcune curiosità di un Paese tanto pittoresco quanto fuori dai principali circuiti turistici. Aggiungerei, per fortuna.
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La valuta
La valuta ufficiale della Mauritania è l’Ouguiya, le cui monete vengono coniate alla Zecca di Kremnica, in Slovacchia. Nel 2018 la vecchia valuta Ouguiya della Mauritania (cod. ISO MRO) è stata sostituita dalla nuova Ouguiya (cod. ISO MRU). Tale processo ha comportato un cambio di base della moneta, secondo un rapporto di 10:1. La popolazione non si è ancora abituata al cambiamento, ecco perché nel linguaggio comune, per annunciare i prezzi si parla ancora con uno zero in più.
Campagna vaccinazione anti-polio
Può capitare, passeggiando tra le polverose strade delle cittadine mauritane, di osservare un simbolo particolare simile ad un occhio, sulle pareti all’ingresso delle abitazioni. Per chi non lo sapesse simboleggiano l’avvenuta vaccinazione contro la poliomielite dei residenti. Nel 2020 più di 500.000 bambini in tutta la Mauritania hanno beneficiato di una campagna di due mesi organizzata dal Ministero della Salute, con il sostegno dell’UNICEF e dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), che hanno fornito un pacchetto integrato di immunizzazioni (tra queste vaccinazioni contro morbillo e poliomielite) e vitamina A per tutti i bambini mauritani di età inferiore ai 5 anni.
Il vento del deserto
L’Harmattan, il vento secco e polveroso del deserto, soffia nei mesi invernali, da novembre a marzo dal Sahara verso l’Africa occidentale e il Golfo di Guinea, Mauritania inclusa. Attraversando il deserto carica con sé particelle di polvere in quantitativi tali da oscurare fortemente la visibilità, con risultati simili a quelli della nebbia. In casi eccezionali può trasportare la sabbia del Sahara anche in Sudamerica.
Il monolito più alto d’Africa
Il più grande monolito d’Africa si trova proprio in Mauritania, più precisamente nella regione di Adrar. Ben Amera raggiunge i 633 metri in altezza e si erge imponente sul deserto circostante. É considerato anche il secondo monolito più alto al mondo dopo Uluru (o Ayers Rock), in Australia. Il sito è stato scelto nel 1999 da artisti internazionali che hanno realizzato rappresentazioni, alcune delle quali includono le rocce circostanti, nelle forme di animali e figure astratte.
Il treno più lungo e lento del mondo
Ben Amera non è l’unico record che la Mauritania può vantare. Un altro riguarda da vicino la ferrovia del Paese, un’unica linea di 704 chilometri che collega il centro minerario di ferro di Zouerate con il porto di Nouadhibou, attraverso gli avamposti di Fderik e Choum. La costruzione della linea iniziò nel 1960, tre anni dopo avvenne l’inaugurazione della stessa. Attualmente è gestita dall’agenzia statale Société Nationale Industrielle et Minière (SNIM). Ebbene i treni che qui fanno la spola tra le città appena citate per trasportare ferro possono raggiungere anche i 3 chilometri, facendo sì che siano considerati tra i più lunghi e pesanti del mondo. Pochi sono i vagoni destinati al trasporto dei passeggeri e molto spesso le persone viaggiano direttamente all’interno dei convogli merci, sul ferro.
La sabbia nel cibo uno stile di vita
In Mauritania la sabbia è ovunque. Basti pensare che circa l’80% del suo territorio è desertico. Un dato che spiega in modo inequivocabile perché è così semplice incontrare della sabbia anche nel cibo, soprattutto quando si viaggia attraverso campi tendati. Sabbia nel pane, nella verdura, nel cous cous. In Mauritania prenderete subito l’abitudine ai quei granelli che scricchiolano sotto i denti.
Un popolo multietnico
Un mosaico etnico la Mauritania, un po’ come tutti i paesi dell’Africa dell’Ovest. I Mauri costituiscono in totale il 60% della popolazione del Paese. Pelle chiara, ossa sottili, lineamenti aquilini e generalmente di statura non molto alta, costituiscono la maggioranza. I Wolof, principale etnia del Senegal, rappresenta il 9% della popolazione mauritana. Di religione musulmana, rimangono tuttavia ancora legati ad alcune forme di superstizione e credenze ancestrali. Vivono prevalentemente lungo la valle del fiume Senegal, ma anche sulle coste dove praticano la pesca. Gli Imraguen, una piccola etnia maura, si concentrano in gran numero vicino tra Iwik e Tiwilit, nel Parco di Banc d’Arguin. l’attività principale è la pesca, scandita da metodi tradizionali in collaborazione con i delfini. Battendo sulla superficie dell’acqua i delfini vengono richiamati con lo scopo che spaventino e spingano i cefali nelle loro reti. I Toukouleur abitano una piccola zona, a sud tra Bogué e Kaedi, lungo il fiume Senegal. Vi sono poi i Peulh o Fulbe, un’antica etnia di pastori nomadi, tra le più diffuse in tutta l’Africa Occidentale e i Tuareg, gli uomini del deserto, originariamente nomadi ed oggi stanziati vicino alle grandi città delle zone desertiche.
La schiavitù, una piaga sociale
Un decreto presidenziale dell’8 ottobre 1981 dichiarò la fine della schiavitù in Mauritania e nel 2007 questo reato venne considerato ufficialmente un crimine. Eppure la pratica della schiavitù qui non è mai stata superata. Come una malattia tramandata di generazione in generazione ancora oggi in Mauritania vengono sfruttati gli haratin, un gruppo etnico di pelle scura originario delle oasi del Sahara. I motivi del fallimento sono diversi: da una parte una legge, lacunosa e senza alcuna protezione per coloro che decidono di lasciare la schiavitù, dall’altro, in molti, abituati da secoli ad abitare in casa dei padroni hanno scelto di continuare il loro “percorso”. Haratin è purtroppo come un marchio di fabbrica, un segno di sottomissione verso le famiglie agiate dei Mauri, conosciuti come bidhan, dalla pelle chiara e di stirpe araba-berbera. C’è da dire che non tutte le famiglie benestanti sono mosse da sentimenti brutali. La maggior parte di essi non viene nemmeno registrata all’anagrafe. Perciò non hanno diritto di voto, non hanno documenti e non hanno quindi cittadinanza.
La dimora nomade
L’abitazione del nomade per eccellenza, la khaima. Una tenda mobile che rappresenta il primo punto di riferimento durante gli spostamenti. La khaima ha forme rettangolari con dimensioni variabili, poggia su due pilastri che si incrociano al centro ed è spesso sistemata davanti ad un albero. Vi è un solo ingresso, spesso chiuso da un drappo che scende dall’alto e protegge l’interno, suddiviso in due spazi distinti, a sinistra le donne, a destra gli uomini. L’ingresso è solitamente lasciato vuoto per permettere diverse attività, come la preghiera o semplicemente relax al fresco della sera. Per quanto riguarda l’orientamento l’accesso coincide con la direzione chiamata “geble”, il fondo con quella chiamata “tell”.
Le biblioteche del deserto
“Biblioteche del deserto”. Così sono conosciute quelle città medievali parti integranti della rotta carovaniera che attraversava la Mauritania. Chinguetti, Ouadane, Tichitt e Oualata rappresentavano un tempo un riferimento religioso e culturale durante i commerci tra Maghreb e Medio Oriente e Africa Nera. Ben presto si configurarono come importanti centri del sapere e ad oggi custodiscono gelosamente, tra continue minacce (polvere, insetti, condizioni climatiche particolari), oltre 40.000 volumi storici, in biblioteche tramandate di famiglia in famiglia nel corso dei secoli. Se Chinguetti e Ouadane sono quasi sempre inclusi nei tour organizzati in Mauritania, non si può certo dire la stessa cosa per Tichitt e Oualata, influenzati da una posizione in aree relativamente instabili.
Una pratica da abolire
Il Gavage, una pratica di cui la Mauritania non può andarne fiera. L’alimentazione forzata delle donne è ormai scomparsa nella capitale, Nouakchott, mentre continua tutt’ora in aree rurali, il tutto per il puro piacere degli uomini in vista del matrimonio. Fin dall’età di 6 anni, le bambine vengono sottoposte ad un’alimentazione forzata, caratterizzata da più pasti al giorno (2 kg di miglio insieme a due tazze di burro e 20 lt di latte di cammella), con l’intento di farle ingrassare per diventare più attraenti. Il motivo? La magrezza rappresenterebbe miseria, povertà.
Il té nel deserto
Il rito nomade del tè verde alla menta è ben radicato nella società e rappresenta un momento di convivialità tra membri di una stessa famiglia e non. La giornata tipica è scandita dalle pause per il tè e dalle cinque preghiere giornaliere. Non conta il luogo, è possibile preparare la bevanda un po’ ovunque, mediante piccolissimi braceri o fornelli portatili. Un rituale servito in maniera cerimoniosa, dall’alto verso il basso, al fine di depositare una schiuma sul fondo dei bicchierini. La tradizione prevede per ogni preparazione, tre bicchierini consecutivi. Il primo è il più forte e amaro (come la morte), il secondo è dolce (come la vita) e infine l’ultimo, molto zuccherato (come l’amore).
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