A forma di mezzaluna si estende dallo stretto di Tangeri sino alla frontiera algerina. Siamo nel cuore del Marocco, nella catena montuosa del Rif, un’area che per lungo tempo ha sofferto di una cattiva nomea sia tra i turisti che tra gli stessi marocchini. Il motivo è presto detto: con oltre 134.000 ettari di terreno si stima che in quest’area si produca circa il 40% del quantitativo mondiale di hashish e oltre l’80% della cannabis fumata in Europa. Nonostante questo, molto è cambiato negli ultimi anni e il Rif non è più quella zona pericolosa che veniva evitata a tutti i costi. La cannabis o marijuana è comunemente chiamata da queste parti con il nome di kif. Da non confondere con l’hashish, la resina ottenuta dalla stessa pianta di cannabis.
La sua coltivazione trova radici molto lontane, addirittura ai primi anni del XV secolo quando venne introdotta nei pressi del villaggio di Ketama. Nel 1912 la Spagna, probabilmente nel tentativo di mantenere la pace garantì ad alcune tribù del Rif il diritto di coltivare questa pianta. Fu poi negli anni settanta che il Rif divenne centro di esportazione illegale della droga, in Europa e in America. Tentativi di estirpare questa pratica ci sono stati ma tutti si sono rivelati infruttuosi.
Oggi la coltivazione è legale mentre commercio e trasporto sono vietati. Un controsenso direi. Essere fermati dalla polizia con un quantitativo di hashish superiore a quello per consumo personale potrebbe portare a gravi conseguenze facilmente immaginabili.
Tale premessa è necessaria al fine di raccontarvi la mia esperienza vissuta nei dintorni di Chefchaouen, conosciuta come la città azzurra e a mio avviso la città più bella del Marocco. Arrivati sul posto abbiamo subito evitato i soliti fastidiosi procacciatori d’affari in cerca di turisti per offrire una visita guidata della medina o di una delle tante piantagioni di cannabis sparse tra i monti ma poi la nostra curiosità si è spinta oltre e ci siamo voluti recare di persona in una di queste fattorie con annesso appezzamento di terreno. La coltivazione di cannabis e la produzione hashish rappresentano le maggiori attività della regione nonché fonte di sostentamento per le famiglie locali. Basta chiedere in giro per trovare subito una persona disposta ad accompagnarti in cambio di denaro. Prima di metterci in viaggio abbiamo voluto però mettere le cose in chiaro: saremmo andati lì solamente per vedere e non per acquistare. Un furgoncino si presenta nel giro di pochi minuti e siamo invitati a sederci nella parte posteriore. Nessun finestrino, il veicolo è chiuso e noi possiamo vedere la strada solamente dal parabrezza. Lasciamo il centro abitato e cominciamo a salire lungo una sterrata in costruzione dove alcuni mezzi pesanti sono al lavoro. In prossimità di una curva imbocchiamo un viottolo e cominciamo a scendere lungo una mulattiera in pessime condizioni. A bordo strada compaiono i primi terreni utilizzati per la coltivazione del kif ma continuiamo. Quando scendiamo il panorama che si apre dinanzi a noi è a dir poco splendido: siamo in’area rurale con basse abitazioni qua e là, cavalli che pascolano liberamente e aspre montagne sullo sfondo. Alle spalle di un piccolo caseggiato si aprono diversi appezzamenti di terreno. Ci avviciniamo ad una piantagione di cannabis mentre un ragazzino ci osserva da lontano.
Tra i monti del Rif |
Dintorni di Chefchaouen, piantagioni di kif |
A questo punto siamo invitati all’interno di un’abitazione. Superiamo una stanza nella quale un’anziana donna sta riposando ed entriamo in un locale poco ammobiliato utilizzato a mo’ di laboratorio. Un contadino si prepara a spiegarci le varie fasi attraverso una breve dimostrazione, dal raccolto fino ad arrivare alla produzione finale dell’hashish. L’uomo si presenta a noi con un grande sacco di kif. La cannabis a questo punto viene poggiata su una ciotola coperta da un lembo di tessuto e il tutto viene nuovamente avvolto da un telo di plastica. Il contadino comincia a sbattere con un bastone in legno sino a quando all’interno della ciotola non si è depositato un gran quantitativo di polvere di kif. Ci siamo quasi, l’hashish è quasi pronto. Manca un ultimo passaggio (che preferisco omettere).
Tra i monti del Rif, produzione di hashish |
Nihil Guru dice
Omettere l'ultimo passaggio vuol dire ammettere di averla fumata, furbacchione! ahahah
polline di prima battitura come in Marocco, non ce ne da nessuna parte al mondo e poi, che meraviglia di posti.
Un viaggio unico.
Manuel Santoro dice
Ahahah ti posso confermare che i i posti sono davvero unici 😂
Unknown dice
Charas,,?