Il maltempo sembra non volerci più abbandonare. Ci sta accompagnando da alcuni giorni dopo una prima parte di viaggio praticamente impeccabile. Mi sembra giusto, bisogna equilibrare le cose. Come previsto il tramonto della sera prima ha lasciato spazio a nuvole cariche e minacciose e così, per lunghe ore, abbiamo dormito ascoltando il rumore (piacevole) della pioggia cadere sul tetto della nostra gher. Lasciamo l’accampamento e dopo pochi chilometri di pista sterrata imbocchiamo una delle principali arterie del Paese, una monotona lingua di strada asfaltata in direzione della capitale Ulan Bator. Ha smesso di piovere ma il cielo e coperto e non promette nulla di buono.
Raggiungendo l’Hustai National Park |
Ai margini della carreggiata incontriamo più volte vetture danneggiate, lasciate nelle scarpate o nei prati dopo un incidente. Devono accadere di frequente da queste parti a tal punto che nei pressi di una cunetta incrociamo una vettura capovolta probabilmente per il fondo scivoloso o per una distrazione del guidatore. Alcune persone si sono fermate per aiutare ma non dovrebbe essere nulla di grave. Finalmente un pallido sole fa momentaneamente capolino tra le nubi. Siamo costretti a fermarci, un mezzo del gruppo ha appena bucato e il nostro autista decide di dare una mano per velocizzare i tempi. Pochi minuti ed è già tutto risolto, si può ripartire. Siamo a pochi chilometri dall’Hustain Ger Camp, l’accampamento che ci ospiterà per la notte, l’ultima in queste tradizionali abitazioni mongole. Prima di arrivare attraversiamo campi coltivati a colza dall’inconfondibile colore giallo intenso e ci inoltriamo tra pascoli erbosi e dolci collinette per raggiungere l’ingresso del Hustai National Park. Lì dove un arco ci dà il benvenuto è situato il nostro campo.
Raggiungendo l’Hustai National Park |
Hustain Ger Camp |
Ad attenderci vento gelido e temperatura che raggiunge a stento i dieci gradi. E pensare che fino a pochi giorni prima abbiamo viaggiato con una temperatura diurna di quasi trenta gradi. Prendiamo posto nelle rispettive gher, per la prima volta siamo costretti ad accendere la stufetta interna per riscaldare l’ambiente. Dopo il pranzo a buffet nella distaccata sala ristorante ci prepariamo per la visita pomeridiana al parco. Se saremo fortunati riusciremo ad osservare alcuni esemplari di takhi, gli ultimi cavalli selvatici rimasti al mondo noti anche come cavalli di Przewalski, dal nome dell’esploratore polacco che scoprì la specie nel 1878. All’interno di una sala adiacente al negozio di souvenir assistiamo prima a un documentario in inglese sulla salvaguardia e sulla riproduzione di questi esemplari nell’area protetta, poi visitiamo il piccolo museo del parco situato sempre all’interno del nostro campo.
Hustai National Park, museo |
Ci siamo messi d’accordo con la nostra guida nel muoverci sulle piste sterrate del parco fin quando non avremmo avvistato un esemplare. Ci mettiamo in viaggio ma la ricerca si rivela più facile del previsto. Pochi chilometri ed osserviamo un gruppo di takhi muoversi liberamente su un’altura a non troppa distanza dalla strada. La facilità nell’avvistamento è dettata dalle condizioni meteo. Se quella di oggi fosse stata una giornata calda e soleggiata i cavalli si sarebbero infatti rifugiati sulle montagne più alte e per noi sarebbe stato un problema. Sappiamo di alcuni turisti che nelle settimane precedenti alla nostra sono venuti fin qui e sono tornati a mani vuote. Risaliamo la collinetta lentamente cercando di farci vedere il meno possibile. Basta un minimo passo affrettato per farli spaventare e quindi allontanare. Riusciamo a spingerci fino a qualche metro da loro. Alcuni pascolano, altri si fanno le coccole, c’è il capo del gruppo che richiama gli altri in caso di pericolo, ovvero noi. Rimaniamo diversi minuti nelle vicinanze, guardandoli e scattando foto, fin quando non decidono di spostarsi più in alto.
Hustai National Park, cavalli takhi |
Facciamo ritorno al campo camminando confidando anche nel cielo che sembra essersi riaperto. Abbiamo quasi tutto il pomeriggio a disposizione e cerchiamo di trascorrere il tempo così, ripercorrendo a piedi i quattro chilometri che ci separano dall’accampamento. Qualcuno del gruppo all’arrivo ha deciso di fare una passeggiata a cavallo. Tra i servizi dell’Hustain Ger Camp vi è anche la possibilità di escursioni a cavallo nei dintorni. Io opto per una calda doccia rilassante prima della cena a base pasta in bianco e spezzatino con peperoni.
Ritornando a piedi verso il campo |
Per ulteriori informazioni:
www.viaggigiovani.it/viaggi/mongolia
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