Il buongiorno di questa mattina è di una rana che si muove liberamente all’interno della nostra gher. Oggi continueremo a salire verso il nord della Mongolia per raggiungere una città che fatto la storia del Paese, Karakorum (o Kharkhorin). Gengis Khan stabilì qui una base di approvvigionamento mentre suo figlio Ögedei ordinò la costruzione di una capitale per l’impero mongolo che durò per circa 40 anni fino a quando il suo successore Kublai decise di spostarla nell’odierna Pechino. Il periodo d’oro di Karakorum fu seguito da anni bui in cui la città venne dapprima abbandonata e poi rasa al suolo dai soldati della Manciuria nel 1388. Ci mettiamo in viaggio appena dopo colazione. La prima sosta di giornata per un veloce rifornimento di benzina è nell’abitato di Saikhan-Ovoo, a circa venti chilometri dal campo gher nel quale abbiamo trascorso la nottata. Il paesaggio fuori dal villaggio è molto simile a quello degli altri giorni con distese erbose e bassi cespuglietti.
Saikhan-Ovoo |
Procediamo in parallelo lungo piste sconnesse mentre raramente costeggiamo qualche pozza d’acqua dove gruppi di animali vanno ad abbeverarsi. Nel bel mezzo del nulla incrociamo una macchina in panne con dei turisti francesi e il loro accompagnatore. I nostri autisti si offrono di dare una mano cercando di risolvere il loro problema con la pompa dell’olio. Con il percorrere dei chilometri il verde diventa sempre più intenso e il terreno meno pianeggiante con dolci montagnette dalle cime arrotondate. Per una volta il pranzo non sarà all’arrivo di un campo gher ma durante il tragitto e al sacco. Scegliamo così un punto panoramico sulla sommità di una collina con vista sulle infinite distese erbose di questa parte di Mongolia e su un esteso lago. Per mangiare ci stendiamo su alcune coperte appositamente fornite dai nostri autisti mentre alcuni rapaci volteggiano alti sulle nostre teste. In lontananza sono evidenti le scie polverose alzate da alcuni fuoristrada nel percorrere le piste sterrate. Apprezzo molto di più un pasto all’aria aperta e per di più con un panorama splendido rispetto a un anonima sala ristorante di un campo gher.
Sosta per il pranzo lungo il percorso |
Ripresa la marcia attraversiamo una fertile vallata verdeggiante solcata da piccoli corsi d’acqua. È un luogo idilliaco con ampi pascoli punteggiati da cavalli, mucche e gher. Sullo sfondo cominciamo ad intravedere un’intensa macchia gialla. Anche la Mongolia ha la sua fioritura, sono ampi campi di colza che in questo periodo dell’anno raggiungono il massimo splendore. Dopo centinaia di chilometri di pianure erbose è davvero una sorpresa vedere un colore diverso nel paesaggio.
Raggiungendo Karakorum |
Campi di colza lungo la via per Karakorum |
In prossimità di Karakorum la pista sterrata lascia spazio a una comoda strada asfaltata con qualche voragine di troppo. Dei fasti di un tempo l’odierna cittadina non conserva granché eccezion fatta per un interessante museo e i resti del monastero di Erdene Zuu Khiid, due siti che ogni giorno richiamano fiumi di turisti. Il Museo è considerato il migliore al di fuori di quelli della capitale e conserva all’interno preziosi manufatti risalenti a XIII e XIV secolo oltre a reperti archeologici e oggetti che ripercorrono la storia della Mongolia. Qui non è possibile scattare fotografie a meno che non si decida di pagare un ulteriore sovrattassa davvero costosa oltre al biglietto d’ingresso. Una delle cose più interessanti del museo è un grande plastico che dà un’idea di come fosse la capitale intorno al 1250, un grande esempio di convivenza pacifica con diverse religioni al suo interno. Il piccolo cafè del museo offre l’accesso wi-fi gratutito, è la prima volta, al di fuori di Ulan Bator, che troviamo una connessione disponibile.
Karakorum, Museo |
Il vicino Erdene Zuu Khiid fu costruito nel XVI secolo con l’utilizzo delle macerie della città di Karakorum distrutta dalla Manciuria. Il monastero divenne una vera e propria città fortificata e all’interno si contavano circa 300 gher, tra i 60 e 100 templi e ospitava oltre un migliaio di monaci. Come gran parte del patrimonio culturale della Mongolia anche l’Erdene Zuu Khiid subì grandi danneggiamenti in epoca comunista e per questo solamente tre templi sono arrivati integri fino ai giorni nostri. Ciò che colpisce subito del complesso sono indubbiamente i 108 stupa che sono disposti a intervalli regolari lungo le mura perimetrali del monastero. Questo numero non è una casualità, il 108 è infatti un numero sacro per i buddhisti e per altre religioni orientali. Anche qui è necessario pagare più del biglietto per scattare fotografie nel sito. In compagnia di una guida passeggiamo visitando i tre templi, tutti dedicati alle fasi della vita di Buddha, infanzia, adolescenza e età adulta. In ognuno di essi sono esposte preziose statue accuratamente protette da teche in vetro oltre ad oggetti sacri in buono stato di conservazione.
Karakorum, Erdene Zuu Khiid |
All’esterno, nell’immenso cortile, si ergono sporadici edifici tra cui lo Stupa Dorato della Preghiera, e un tempio in stile tibetano, il Lavrin Sum, nel quale è da poco terminata una celebrazione religiosa. Alcuni monaci in tradizionale abito rosso si apprestano a tornare alle proprie abitazioni. Intanto una troupe di una televisione cinese sta girando un documentario sul sito mentre a poca distanza da noi alcuni religiosi sono impegnati a girare le tipiche ruote di preghiera.
Karakorum, Erdene Zuu Khiid |
Usciamo dal sito in quanto prossimi all’orario di chiusura e gironzoliamo tra le bancarelle nella ricerca di qualche interessante souvenir. A piedi raggiungiamo l’ultima tappa di giornata, una delle quattro pietre della tartaruga che un tempo segnavano i confini dell’antica capitale con il compito di proteggere la città. L’accampamento che ci ospiterà per la notte è l’Anja Ger Camp, una basica struttura ecocompatibile appena fuori Karakorum che propone ottimi piatti locali e della cucina francese in quanto il cuoco ha trascorso alcuni anni in Francia. L’Anja Ger Camp è anche l’unico campo ad avere il wi-fi seppur debole e davvero lento.
Karakorum, Pietra della Tartaruga |
Karakorum |
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