La giornata inizia bene. Dopo aver fatto colazione vedo in streaming il Pescara, la mia squadra di calcio del cuore, vincere contro il Gubbio per 2 a 1. Alle 12 fermo un taxi, il cui tassista si è rivelato molto curioso del mio viaggio in sud America facendomi molte domande e mi dirigo in Plaza Los Heroes per prendere l’autobus Centrapuerto per raggiungere l’aeroporto di Santiago, distante dal centro 26 chilometri. Pranzo solamente con un muffin e un pacchetto di patatine che avevo con me. Poco prima di imbarcarmi, con mia grande sorpresa, incontro nuovamente Ignacio, il ragazzo spagnolo che avevo conosciuto durante la discesa in mountain bike alla “Carretera de la Muerte”. Ero a conoscenza del fatto che avesse anche lui il volo per Punta Arenas in questa giornata ma non pensavo fosse quello delle 16. Mi racconta delle giornata trascorse finora. Decolliamo con venti minuti di ritardo, alle 16,20 ma raggiungiamo Punta Arenas in puntualità. Il tempo è nuvoloso, dovremo abituarci e notiamo subito la differenza di temperatura tra Patagonia e nord del Cile.
In volo verso la Patagonia |
Entrambi valutiamo la possibilità di trasferirci direttamente dall’aeroporto a Puerto Natales ma al telefono ci è stato riferito che l’ultimo autobus di passaggio all’aeroporto è pieno per cui optiamo di recarci a Punta Arenas. Andiamo alla ricerca di un ostello e dopo aver chiesto il prezzo ad alcuni, troppo alti per le nostre tasche, ci fidiamo del consiglio di quattro ragazzi e andiamo a chiedere al “Barefoot Backpackers”. La camera, una doppia con bagno condiviso, è molto semplice, ma il prezzo è talmente economico per gli standard cileni che decidiamo subito di accettare. Riusciamo anche a strappare un piccolo sconto, passando dai 7000 ai 5000 $CH a testa. A disposizione degli ospiti c’è anche una cucina e dopo essere andati a un supermercato nelle vicinanze ci improvvisiamo cuochi e cuciniamo degli abbondanti spaghetti al sugo accompagnati da due hamburger.
Nell’ostello è come essere a casa propria, è sorprendente vedere quanti servizi sono disponibili. È qui che facciamo conoscenza dei quattro ragazzi che ci hanno consigliato l’ostello. Sono israeliani, tre di Tel Aviv e uno di Haifa, tutti appassionati di calcio, che dopo aver terminato l’obbligatorio servizio di leva di due anni previsto nel loro Paese, hanno deciso di intraprendere un lungo viaggio in sud America. Evidentemente questo spirito di erranza è rimasto, seppur per motivi differenti, immutato per generazioni. E’ sicuramente la nazione più sorprendente in cui mi sono imbattuto dall’inizio del viaggio. Ci sono moltissimi israeliani in vacanza da queste parti. Loro cucinano un loro piatto tradizionale a base di cipolla, aglio, pomodoro e uova. Io e Ignacio trascorriamo piacevolmente il dopo serata con loro in un pub. Tutti hanno preso una birra, sono l’unico a prendere un the. Torniamo verso le due in ostello.
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