La giornata comincia con una colazione abbondante. Nella sala ristorante del campo gher ci vengono serviti fumanti pancakes, omelette con wurstel e insalata di cetrioli e pomodorini (che ahinoi da qui alla fine del viaggio vedremo praticamente ad ogni pasto). In viaggio sui nostri mezzi 4×4 lasciamo alla nostra destra le rovine di un monastero distrutto attraversando vaste distese erbose in fiore. È davvero difficile incrociare lungo le piste sterrate altri mezzi. Gli unici incontri riguardano grandi gruppi di capre e pecore al pascolo con pastori al seguito.
Greggi al pascolo |
Alle porte del polveroso centro abitato di Mandalgov le distese erbose cominciano a lasciare il passo a dolci collinette dalle sfumature rossastre. Proprio a Mandalgov decidiamo di fermarci per il rifornimento benzina e per acquistare qualcosa da mangiare in un minimarket. L’abitato conta circa diecimila abitanti e fu fondato nel 1942. Allora era costituita solamente da 40 gher, ora ospita tutte le strutture che si possono trovare nei capoluoghi delle aimag (così sono chiamate le province della Mongolia), con alcuni negozi, un monastero, un albergo e perfino un grande vivaio che un ingegnere forestale in pensione ha voluto costruire con l’intento di evitare l’avanzamento della desertificazione del Gobi.
Mandalgov |
Non ci sembra vero, da Mandalgov fino alla città di Dalanzadgad la strada è asfaltata ed in ottime condizioni. Attorno a noi il nulla, stiamo tagliando perpendicolarmente un’ampia pianura nella quale ogni minima cosa può diventare un’attrazione nel paesaggio, come il villaggio di Luus o un gruppo di cammelli che fa la sua comparsa nei pressi una fangosa pozza d’acqua. Nel cielo azzurro risaltano grandi nubi bianche all’orizzonte. Poco dopo l’abitato di Tsogt-Ovoo il verde lascia momentaneamente spazio alla sabbia e piccoli turbini di polvere si alzano improvvisamente dal terreno. Come un’oasi nel deserto il centro di Dalanzadgad sorge ai piedi delle montagne del Parco Nazionale di Gurvan Saikhan. Attraversiamo la città capoluogo della provincia dell’Ömnögovi per imboccare una sterrata per qualche chilometro.
Cammelli lungo la strada per Dalanzadgad |
Luus |
Lungo la strada per Dalanzadgad |
Dalanzadgad |
Abbiamo trascorso diverse ore in auto, finalmente arriviamo al campo gher che ci ospiterà per la notte, il Khan Bogd Tourist Camp. Ci stanno già aspettando per il pranzo. Dopo il pasto ci prepariamo per il momento più atteso di giornata, il trekking all’interno dello Yolyn Am, nel cuore del già citato Parco Nazionale di Gurvan Saikhan. Per raggiungere l’ingresso è necessario nuovamente riprendere le auto. In prossimità di un ovoo, un cumulo sciamanico con pietre e offerte agli dei ci fermiamo per una sosta. Getso, la nostra guida, ci spiega l’usanza, al fine di avere un cammino più sicuro, di fermarsi e girare in cerchio intorno all’ovoo per tre volte in senso orario, gettando un pietra prelevata dal suolo ad ogni giro. Ripresa la marcia, in breve giungiamo all’entrata principale per lo Yolyn Am. Qui, oltre alla biglietteria è situato il piccolo Museo della Natura che visitiamo velocemente. Al suo interno sono esposti animali impagliati che popolano la zona, oltre a una collezione di ossa e uova di dinosauro.
Ovoo |
Yolyn Am, Museo della Natura |
Dal museo la strada prosegue fino a un parcheggio dove sono appostati alcuni venditori di souvenir e un gruppo ragazzi con i loro cavalli in attesa di qualche turista. Lo scenario è semplicemente mozzafiato. Percorriamo una sterrata tra due montagne ricoperte di verde e di fiori lilla costeggiando il torrente Yol quasi in secca. Più ci spingiamo oltre e più il canyon si restringe. Un serpente si rifugia velocemente nella vegetazione mentre tra le rocce si muovono animatamente decine e decine di pica, simpatici animali simili a roditori che appartengono alla famiglia dei conigli. C’è chi corre da un versante all’altro della gola, chi trasporta nelle proprie tane ciuffi di erba dei quali si ciberanno in inverno.
Yolyn Am |
La gola diventa sempre più buia e in alcuni punti bisogna oltrepassare il torrente prestando molta attenzione a dove mettere i piedi per non scivolare in acqua. Basta fermarsi in silenzio e alzare la testa per osservare altri animali: in alto, su un pendio roccioso, si muovono una capra selvatica e un cervo. Giungiamo finalmente alla nostra meta di giornata, lì dove tra le pareti della gola durante l’inverno si forma uno spesso strato di ghiaccio che raggiunge i 10 metri di altezza e si estende per oltre 10 km. Siamo in estate e gran parte del ghiaccio si è sciolto ma è comunque uno spettacolo. Tornando indietro il cielo ci delizia con uno splendido tramonto: raggi di sole filtrano dalle nubi illuminando le pareti rocciose che assumono una delicata colorazione dorata mentre alcuni locali attraversano la prima parte del canyon in moto. Facciamo ritorno in hotel per una meritata doccia e per la cena, il menu prevede crema di patate e spezzatino con riso, grano e carote.
Yolyn Am |
Per ulteriori informazioni:
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