Nuovamente sulla strada. Lasciamo il Gobiin Anar Ger Camp dopo un’abbondante colazione e ci mettiamo in viaggio lungo una pista sterrata nel bel mezzo di due collinette. Spaventati dal nostro passaggio alcuni pica si rifugiano nelle proprie tane scavate nel terreno. Ben presto le colline lasciano spazio ad un esteso pianoro e la monotonia della steppa mongola viene spezzata solamente da alcune aspre montagne alla nostra destra. Spesso procediamo in parallelo e i nostri autisti sembrano quasi fare a gara a chi riesce ad imboccare la pista meno rovinata. Un grande gregge di capre e pecore attira la nostra attenzione, decidiamo di fermarci e scattare qualche foto. A guidare il gruppo due donne i cui volti sono coperti da veli utilizzati a mo’ di passamontagna a causa della polvere alzata dagli animali e dal vento. La pianura continua e man mano che andiamo avanti la vediamo a tratti ricoperta da un sottile strato di fiori bianchi e rosa con qualche cespuglio ed isolate gher nel bel mezzo del nulla.
Lungo la steppa mongola |
Prima di arrivare alla cittadina di Bulgan la vegetazione scompare e cominciano brevi saliscendi che rendono un po’ più movimentato il nostro viaggio. Il centro abitato diventa l’occasione per fermarci e rifocillarci in un piccolo minimarket mentre alcuni bambini ci osservano incuriositi. La cittadina, che conta circa undicimila abitanti, non è certamente una delle più attraenti. Bulgan appare ai nostri occhi trasandata e polverosa, con un piccolo monastero buddista e tanti ragazzini in giro per le strade. Anche qui ci fermiamo per il solito rifornimento come ogni qualvolta che attraversiamo un centro abitato medio-grande. Stavolta approfittiamo anche di un meccanico per aggiustare qualcosa di una ruota che già da un po’ aveva cominciato a fare le bizze. Getso, la nostra guida, ci ha comunicato nelle giornate precedenti che oggi avremmo beneficiato di un cambio struttura. Niente gher spartane per una notte, si dorme nel lussuoso Goviin Naran Ger Camp. Ogni gher è dotata di bagno privato e di acqua straordinariamente calda. Peccato solo per le tante zanzare che imperversano nella zona. Anche il pranzo è più raffinato sebbene gli ingredienti siano sempre gli stessi: una fumante zuppa di verdure e fettine di manzo con purè di patate.
Sosta a Bulgan |
Per raggiungere Bayanzag, la nostra attrazione di giornata, siamo costretti a dirigerci nuovamente in direzione di Bulgan. Bayanzag sembra un piccolo Grand Canyon ed è conosciuto soprattutto con il nome assegnato dal paleontologo Roy Chapman Andrews, ovvero “Fliming Cliffs”, “rupi fiammeggianti“, per via del colore rossastro del paesaggio. La zona è molto importante per via del gran numero di ossa e di uova di dinosauro rinvenuti a partire dal 1922, anno d’inizio degli scavi. Nel sito ci incamminiamo seguendo un sentiero che comincia appena dietro un’area panoramica riservata ad alcune bancarelle. Il paesaggio è incredibile: rocce erose dalle conformazioni particolari, deserti rossi e un infinito spazio vuoto sotto di noi. Siamo sicuri di essere in Mongolia o siamo sbarcati sul pianeta Marte? Un pendio sabbioso ci permette di scendere lì dove da lontano vedevamo minuscole figure umane camminare. Tra le rocce un rapace sembra aver costruito il suo nido.
Bayanzag |
Al ritorno al campo la cena prevede ravioli al vapore accompagnati da insalata. La notte è intanto scesa sulla steppa mongola e il cielo ha deciso di regalarci un altro spettacolo. Sulle nostre teste centinaia e centinaia di stelle. Basta attendere un po’ per osservare la prima stella cadente del viaggio ed esprimere un desiderio.
Notte stellata sul Goviin Naran Ger Camp |
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