Ricordo bene quando qualche anno fa, parlando con un altro viaggiatore, mi era stato detto che Potosí rappresentava la delusione più grande nel suo viaggio in Bolivia. Forse è proprio tale conversazione a spingermi di partire alla volta di questa città senza troppe aspettative. A modo mio dovrei ringraziare quel turista: Potosí l’ho vissuta, anche se solo per un giorno pieno, e l’ho apprezzata, alla grande. Potosí si è rivelata una delle destinazioni che più mi sono piaciute durante tutto il mio ultimo progetto in Sud America.
Viaggiando da soli si ha la possibilità di fare incontri, di conoscere nuove persone. Ebbene nell’ufficio informazioni turistiche situato sotto la Torre de la Compañía de Jesus mi sono imbattuto con Sebastian, un ragazzo argentino anch’egli in visita della città per una sola giornata. É bastato poco per decidere di condividere gran parte della giornata insieme.
A prima vista è difficile immaginare Potosí come una città ricca. I suoi edifici coloniali mostrano un fascino alquanto decadente, ben lontano dallo splendore di un tempo. Eppure la ricca storia si riflette in strade acciottolate, in dimore coloniali e in numerose chiese, che hanno permesso all’UNESCO di dichiararla Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Questa località venne fondata nel 1545, in seguito alla scoperta dei ricchissimi giacimenti d’argento nel Cerro Rico, la montagna che sovrasta la città. Si scavarono miniere, con capacità di produzione pari a 60.000 tonnellate di argento. Nei lavori vennero impiegati indigeni nativi e schiavi africani che vennero impiegati in condizioni disumane. Moltissimi morirono per incidenti e silicosi. Potosí divenne ben presto una delle città più ricche e più grandi delle Americhe.
La sete di argento, con il passare dei secoli, fu accompagnata anche dall’esaurimento delle risorse. Potosí si ritrovò ad affrontare un declino repentino e la povertà. Solo recentemente l’economia della città si è risollevata a causa della richiesta di stagno e gli scavi vanno avanti all’interno del Cerro Rico.
Potosí, Cerro Rico |
Il viaggio in autobus da Sucre a Potosí
La città di Sucre ha rappresentato la tappa precedente a Potosí nel mio itinerario in Bolivia. Lo spostamento l’ho effettuato in autobus, un viaggio relativamente corto di circa 3 ore. A Sucre nuvole basse ed una forte pioggia mi hanno dato il buongiorno. In taxi ho raggiunto il terminal cittadino, giusto in tempo per prendere un mezzo in partenza. Oltre a me nessun turista. Una volta in marcia ci siamo fermati dopo pochi chilometri nei pressi di una piazza. Qui ho assistito ad una scena che difficilmente dimenticherò. La mia attenzione è stata attirata da una coppia di mendicanti che ha allestito il proprio rifugio di cartoni bagnati sotto un albero. Volti scavati e arsi dal sole. Qualcuno dalla porta dell’autobus deve aver regalato all’uomo una banconota di 10 Bob (pari circa a 1,50 €). Il viso è cambiato repentinamente, sembrava la felicità in persona e l’uomo ha cominciato a ridere e baciare più volte il pezzo di carta. Volevo dargli qualcosa anche io ma l’autobus si stava muovendo quando ho osservato la scena. Fuori Sucre i torrenti erano invasi dai rifiuti, qui si scarica direttamente nei corsi d’acqua. Plastica ovunque, soprattutto a bordo strada. Man mano che si saliva le montagne diventavano più aride e un corso d’acqua completamente asciutto faceva la sua comparsa tra i pendii rocciosi. Il color ocra è stata una costante nel paesaggio. Lungo il percorso ho visto anche un ciclista europeo fermo a bordo strada riposandosi su una roccia in vista della lunga salita. La pioggia aveva cessato di cadere, nonostante ciò il cielo minacciava sempre la pioggia con le nubi a coprire le vette più alte. Con il passare dei chilometri sono comparse alcune sporadiche abitazioni in terra. Un passo di montagna ha anticipato un inaspettato altopiano con campi coltivati. Terra marrone e giallo della rada vegetazione davano vita ad un gioco di contrasti. Su tutto l’altopiano si sono susseguite tante ed isolate abitazioni poi dopo il paesino di Ckonopaya sono cominciati i centri abitati. Da questo punto in poi il terreno diveniva meno uniforme e piccoli canyon rossastri si potevano ammirare dalla strada. Nel frattempo le montagne apparivano più rocciose e sembravano quasi riflettere il pallido sole che cominciava a farsi largo tra le nubi. Le case erano realizzate in mattoni rossi, un po’ come il terreno. A bordo strada invece si ricorrevano croci a ricordare tragici incidenti e spesso la via incrociava binari abbandonati, testimonianze di vecchie linee ferroviarie. Anche alle porte di Potosí sono apparse discariche a cielo aperto con montagne di rifiuti nei valloni. Potosí è apparsa all’orizzonte, con abitazioni disordinate ai piedi del Cerro Rico. Il nuovo terminal degli autobus si trova a nord-est della città ed è raggiungibile in 20-30 minuti in minibus dal centro città o in taxi. Il vecchio terminal invece è ancora utilizzato per gli autobus diretti ad Uyuni ed i taxi condivisi.
Potosí, tra le vie del centro |
Cosa vedere a Potosí
La mia esperienza in viaggio mi porta a visitare le città quasi esclusivamente a piedi. Accompagnato da Sebastian ho conosciuto la città camminando. Ad eccezione dei primi momenti a Potosí, dove ho accusato una maggiore fatica, non ho avuto particolari problemi in fatto di acclimatamento ma il mio consiglio è quello di prendersi del tempo per abituarsi ad una delle città più alte al mondo. Potosì si trova infatti ad un’altitudine di 4070 metri sul livello del mare.
Con poco tempo a disposizione non ho partecipato al tour all’interno della Casa Nacional de Moneda, l’ex zecca reale che attualmente ospita uno dei migliori musei del Sud America. Il museo accoglie una collezione di arte religiosa, contemporanea e artefatti al tempo della zecca. La visita qui avviene esclusivamente in forma guidata e richiede dalle due alle tre ore. Mi sono limitato ad osservare il Convento di Santa Teresa dove anche qui è possibile partecipare a visite guidate in grado di offrire una spiegazione esaustiva della vita e del lavoro delle monache carmelitane all’interno del loro monastero.
Potosí, Casa Nacional de Moneda |
Ho preferito invece muovermi tra le strette (e forse un po’ troppo inquinate) vie della città ammirando dall’esterno le dimore coloniali e le chiese. La Cattedrale mostra uno dei migliori esempi di architettura neoclassica in Bolivia e ciò che è possibile osservare oggi è frutto di una ricostruzione in seguito ad un crollo avvenuto agli inizi del XIX secolo. Sarei voluto salire sui tetti del Convento di San Francisco ma la sfortuna ha voluto che fosse chiuso per la festa delle donne. Ecco perché per ammirare la città dall’alto ho optato per un altro punto panoramico, la Torre de la Compañía de Jesus. Qui mi sono recato per ben due volte, una durante la giornata, l’altra al calar del sole, per osservare uno dei tramonti più belli della mia vita. Il cielo sopra Potosí e il Cerro Rico si è in breve colorato di sfumature rossastre e arancioni mentre la città era illuminata da fiochi lampioni.
Potosí, tramonto dalla Torre de la Compañía de Jesus |
Appena prima le tappe erano state il mercato, dove è possibile consumare i pasti più economici, la serpeggiante Calle Quijarro e, missione fallita, il mirador del Restaurante mirador giratorio Pari Orcko (attualmente chiuso). Nelle vicinanze di quest’ultimo alcuni cani randagi hanno provato ad attaccarci ed abbiamo preferito allontanarci.
Tra le altre chiese di Potosí sono da segnalare l’Iglesia de San Martin, un edificio anonimo del 1600 ma con interni particolarmente ricchi di opere d’arte, la Capilla de Nuestra Señora de Jerusalén, con la sua pala d’altare riccamente decorata, l’Iglesia de San Lorenzo de Carangas, con il suo portale in stile barocco, e l’Iglesia de la Merced.
Tra gli edifici storici meritano invece un cenno gli Arcos de Cobija (Archi di Cobija), il vecchio municipio (El Cabildo) e la Casa de las Tres Portadas.
Si dice che una visita a Potosí non sia completa senza un tour ad una delle miniere cooperative. Io sinceramente non sono d’accordo nel fare turismo in un posto dove le condizioni lavorative sono ancora terribili. Molti dei minatori muoiono di silicosi sulla quarantina.
Potosí, Plaza 10 de Noviembre |
Dove (non) dormire a Potosí
Una volta arrivato a Potosì ho scelto questa struttura al momento, dopo aver consultato diverse alternative sul web. Le camere erano disponibili ed io ne ho optato per una con bagno esterno condiviso. La decisione di prendere questo ostello è stata dettata soprattutto per la sua vicinanza al centro della città, l’hostal La Realeza si trova infatti in Calle Ayacucho #15, proprio accanto alla Casa Nacional de Moneda. Eccezion fatta per l’ubicazione non ci sono grandi motivi per scegliere questa struttura. Il prezzo per una notte, 70 BOB, è relativamente basso ma con una spesa simile è possibile scegliere altri alloggi nel centro ed anche con bagno privato. La stanza a me assegnata era semplice, con una stufa elettrica a riscaldare l’ambiente. Peccato non abbia potuto accenderla durante la notte per la troppa luce che emanava. Il bagno, condiviso con altri ospiti, era sporco e freddo. Meglio spendere qualche soldo in più per una soluzione più dignitosa. Wifi disponibile gratuitamente e la colazione, non abbondante, inclusa nel prezzo.
Potosí, hostal La Realeza |
Potosí, pranzo al mercato |
Potosí, Cerro Rico |
Potosí, Casa Nacional de Moneda |
Potosí, Colegio Santa Rosa |
Potosí, Convento di Santa Teresa |
Potosí, nel centro |
Potosí, murales minatori |
Potosí, tra le vie del centro |
Potosí, Convento de San Francisco |
Potosí, vista panoramica |
Potosí, Arco de Cobija |
Potosí, con Sebastian |
Potosí, tramonto |
Potosí, tramonto dalla Torre de la Compañía de Jesus |
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