Nel nord del Camerun si erge Ngaoundéré, una città in costante espansione che incanta e affascina con la sua autenticità e la sua ricchezza culturale. Mentre le sue strade si intrecciano tra tradizione e modernità, Ngaoundéré offre un viaggio avvincente attraverso le sue radici profonde e la sua vibrante vita contemporanea.
Ho ammirato Ngaoundéré durante il mio ultimo viaggio nel nord del Camerun. Ho conosciuto il palazzo del Lamido, sede del sultanato locale, e ammirato una delle tradizioni della parte settentrionale del Paese legata all’utilizzo del cavallo.
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Dove si trova Ngaoundéré?
Ngaoundéré è la capitale della Regione Adamawa, in Camerun. L’origine del nome della città deriva dalla vicina montagna che sorge nell’altopiano, nota come “montagna dell’ombelico” nella lingua locale Mbum.
Il luogo in cui sorge l’attuale Ngaoundéré custodisce le tracce di una capitale Mbum del passato, ma la città che possiamo ammirare oggi trova le sue radici intorno al 1835, quando fu fondata dal carismatico leader Fulbe (o Fulani) del clan Vollarbe, Ardo Njobdi.
Questa città fu proclamata capitale regionale dell’emirato di Adamawa, e il territorio che ne derivò venne denominato come lamidato.
Il lamidato
Il lamidato è un sistema di governo islamico di tipo feudale, istituito dai cavalieri Fulbé ad inizio Ottocento.
Il ruolo di capo di un lamidato spetta al lamido, un individuo scelto a vita tra i membri della famiglia regnante. Appartenente all’etnia Foulbé, il Lamido ricopre un ruolo di leader sia a livello politico che religioso. In qualità di figura politica, sovrintende all’amministrazione del lamidato e si occupa della giustizia. Da un punto di vista religioso, assume la posizione di imam, colui che guida le preghiere nella moschea. Spesso, cede i propri poteri a un imam da lui nominato. Il sistema giuridico si basa sul diritto coranico e si intreccia con le consuetudini locali.
Cosa vedere a Ngaoundéré
La moschea centrale
La moschea centrale di Ngaoundéré è risalente al 1983, anno che ha visto la sua realizzazione ad opera dell’architetto francese Armand Salomon. Il finanziamento è stato fornito da Alhaji Abbo, uno dei più grandi produttori di mais del Camerun originario della stessa città.
La moschea centrale oggi appare come una imponente struttura in cemento armato, frutto di uno stile internazionale che trae ispirazione dall’architettura imperiale ottomana, filtrata attraverso le tradizioni del Nord Africa.
Questa visione è manifestata chiaramente dalla maestosa cupola centrale e dalla pianta architettonica. Tale pianta si compone di una sala di preghiera rettangolare, orientata in direzione perpendicolare alla qibla e posizionata ad est di un vasto cortile quadrato circondato da un porticato.
L’ingresso principale è situato sull’asse opposto al mihrab, mentre accessi periferici affacciano sui lati nord e sud del cortile. Una piccola entrata nell’angolo nord-est è riservata al lamido, consentendogli di prendere posizione alla testa dell’assemblea una volta che tutti gli altri fedeli siano già arrivati.
La mosche ha preso il posto di un’altra, costruita sullo stesso luogo, ma architettonicamente rievoca poco dal suo predecessore, eccezion fatta per la posizione geografica. L’edificio da cui la moschea odierna ha preso il posto fu eretto sotto il regime coloniale francese, probabilmente negli anni Cinquanta. Presentava una struttura con tetto spiovente, coronato da un minareto e un mihrab sulla facciata orientale.
Questa pratica di costruire moschee da parte dei francesi in Camerun non era isolata alla sola Ngaoundéré. Infatti, in numerose città settentrionali, i francesi misero a disposizione luoghi di culto per la comunità musulmana, con il tentativo di presentarsi come una figura di potere paternalista e benevola. Tali gesti venivano rafforzati da atti come la consegna annuale del Corano ai governanti locali da parte degli amministratori francesi.
Città come Tignère e Galim continuano ancora a utilizzare queste strutture coloniali di retaggio coloniale.
Il palazzo del lamidato
Nel periodo precoloniale, Ngaoundéré costituiva un lamidato di notevole prosperità. La sua situazione geografica, ai confini sud-orientali del Califfato di Sokoto, garantiva un certo grado di autonomia.
Il lamidato trova origine tra il 1836 e il 1839, grazie alla guida del capo Vollarbé Ardo Ndjobdi (il termine “Ardo” indica il capo).
Mentre la facciata esterna è stata sottoposta a ristrutturazione, purtroppo la recinzione tradizionale è stata sostituita dal cemento. All’interno, invece, le capanne tradizionali con la caratteristica architettura Mboum sono state mantenute intatte.
Dalle immagini e dalle descrizioni storiche, emerge che l’ingresso costituiva la più imponente struttura architettonica di Ngaoundéré all’epoca della sua costruzione, sia in termini di dimensioni che di altezza. Si trattava di un’ampia sala in terra battuta, con un soffitto sorretto da nove pilastri, il tutto coperto da un alto tetto in paglia. Sia l’ingresso che ciascun pilastro erano ornati da bassorilievi di terra dipinta.
Davanti e dietro la sala principale si estendevano portici, ognuno dei quali sormontato da un basso tetto in paglia. Questa composizione architettonica evidenziava la grandiosità, pur mantenendo un senso di riservatezza e intimità grazie all’opacità dei materiali e alle intense ombre proiettate.
Analogamente alla moschea, l’ingresso al palazzo era storicamente riservato a specifici gruppi di persone. Solo il sovrano, le sue consorti, le concubine e il personale di corte avevano il permesso di oltrepassare la sala del trono e accedere alle zone private. Oltre al sovrano, questa selezione includeva donne e/o individui di etnia Mboum. L’accesso al palazzo era invece precluso ai maschi di etnia Fulbe e di fede musulmana, apparentemente per timore che potessero minacciare il trono.
Mentre coloro che frequentavano la moschea erano in gran parte appartenenti all’etnia Fulbe e di fede musulmana, quelli che entravano nel palazzo erano in prevalenza di etnia Mboum e di confessione non musulmana.
Purtroppo, nel 1993 la sala d’ingresso è andata distrutta da un incendio ed è stata sostituita da una struttura in cemento, finanziata – proprio come la moschea di fronte – dal facoltoso mercante Alhaji Abbo.
Oggi poco oltre l’ingresso, una prima capanna rotonda offre un caloroso benvenuto. I pilastri che la sorreggono sono ornati con dipinti dai toni vivaci. Proseguendo, si aprono alla vista varie altre capanne, ognuna con un ruolo specifico. Tra queste spiccano quelle destinate alla regina madre, alle mogli e alla corte consuetudinaria. Un museo arricchisce l’esperienza con la sua visita.
La fantasia, parata a cavallo
Il cavallo in Camerun
L’intreccio storico del cavallo con il tessuto culturale del Camerun trova le sue radici prevalentemente nelle regioni settentrionali del paese, con una storia che risale al XVI secolo nei dintorni del lago Ciad. Da lì, la sua presenza si è espansa verso Adamaoua, e si è fatta sentire nelle terre di Garoua e Maroua. Le tradizioni equestri radicate nel tessuto culturale camerunese sono state tramandate attraverso le generazioni, manifestandosi in sfilate maestose e danze scintillanti a cavallo, parte integrante delle cerimonie tradizionali del nord del paese.
Queste tradizioni, permeate di significato e profondità, si sono poi aperte alle influenze dell’attività sportiva equestre, grazie agli impulsi di espatriati e investitori occidentali. L’emergere di centri equestri urbani, come quelli fioriti a Yaoundé dagli anni Novanta, ha dato nuova linfa a questa passione.
L’utilizzo dei cavalli nel contesto camerunese ha assunto molteplici sfaccettature. L’agricoltura e il trasporto sono stati, nel corso dei secoli, i pilastri fondamentali dell’impiego di questi nobili animali. Nel primo ventennio del XXI secolo, la contabilità indicava un numero stimato tra 16.000 e 18.000 cavalli allevati in Camerun. Queste pregevoli creature appartengono a varie razze, tra cui Logone, Dongola, Barbe, Araba e Purosangue, o spesso risultano essere un incrocio di esse. Tuttavia, una sfida rilevante che si presenta nell’allevamento è la carenza di pascoli, che incide profondamente su questa attività.
La cultura del nord del Camerun, in particolare radicata nelle comunità Fulani e Kotoko, venera il cavallo come un simbolo di prestigio e protezione. Ne riconoscono il valore intrinseco e la sua connessione con la loro identità. Tuttavia, sebbene questi legami culturali siano profondi e significativi, alcune delle cerimonie tradizionali, come la straordinaria Fantasia, si trovano a lottare per la sopravvivenza. L’ombra dell’estinzione incombe, minacciando di sbiadire queste pratiche intrise di storia e significato.
Cos’é la Fantasia?
Ngaoundéré è un crocevia culturale, in grado di riflettere l’influenza delle numerose etnie che vi risiedono. La città è famosa per le celebrazione della Fantasia, uno spettacolo che combina storia e arte equestre.
Durante eventi speciali come la fine del Ramadan, i cavalieri adornati con costumi tradizionali salgono in groppa a cavalli magnificamente bardati, evocando l’antica gloria dei guerrieri. I cavalieri simulano un’azione militare agitando spade e intonando inni in onore del lamido e della sua discendenza.
Successivamente, un gruppo di uomini giunge a gran velocità, creando un’atmosfera minacciosa e un fragoroso clamore. Questo spettacolo suscita un impatto notevole. In alcune occasioni, lo stesso lamido si unisce al gruppo di cavalieri, affermando la sua identità di guerriero e dimostrando quanto sia centrale il ruolo del cavallo per il Lamido.
Questo spettacolo, originariamente nato nell’Africa Settentrionale, rievoca le incursioni militari tipiche del Maghreb e delle nazioni saheliane a prevalenza musulmana.
Viaggi di gruppo in Camerun dall’Italia
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