Abbiamo trascorso la nostra ultima notte in gher e ci prepariamo a fare ritorno ad Ulan Bator. È anche l’ultimo giorno di viaggio con i nostri autisti, “costretti” a una lunga serie di foto ricordo nel parcheggio antistante l’Hustain Ger Camp. La città ci accoglie con traffico, smog e un’interminabile serie di palazzi in costruzione. Molti dei lavori sono fermi e non si sa se mai riprenderanno. Ulan Bator è una città che ha voglia di crescere, espandersi, talvolta con un passo più lungo della propria gamba. A vista d’occhio sembra una capitale moderna, cosmopolita e anticonformista, tuttavia basta sapersi muovere per ritrovare alcune pillole di storia e ripercorrere gli antichi fasti di un tempo. Alloggiamo all’Hotel Bayangol, una grande struttura nei pressi del centro. Ci fermiamo qui pochi minuti prima del pranzo al ristorante Modern Nomads a base di ravioli di carne e verdura e zuppa di noodles. Dedichiamo il pomeriggio ai principali siti storici della capitale a partire dal monastero di Gandan. All’inizio dell’XIX secolo era una vera e propria città nella città che contava 50.000 abitanti e un centinaio di templi. Venne poi il tragico anno 1937. I danni causati dalle purghe staliniane furono molto gravi, gran parte dei templi distrutti e solamente una manciata di edifici arrivati sino ai giorni nostri. Il 1990 è l’anno della rinascita, sono riprese le normali cerimonie buddhiste e attualmente nel complesso si contano circa 600 monaci. Ci incamminiamo dall’ingresso principale fino ad arrivare ad un cortile caratterizzato da due templi, il Tempio di Didan-Lavran, a due piani, e il Tempio di Ochidara.
Ulan Bator, monastero di Gandan. Tempio di Ochidara |
Siamo fortunati, in genere nel pomeriggio gran parte delle cappelle è chiusa al pubblico ma proprio nel Tempio di Ochidara è in corso una suggestiva cerimonia religiosa con decine di monaci e fedeli. Entriamo per un veloce giro in senso orario, purtroppo non è possibile scattare fotografie. Percorriamo il kora (un tracciato per pellegrini) osservando i credenti girare le decine di ruote di preghiera attorno alla struttura. Protetto da una teca di vetro fa bella mostra la statua di Tsongkhapa, il fondatore della scuola gelugpa.
Ulan Bator, monastero di Gandan. Tempio di Ochidara |
Ulan Bator, monastero di Gandan |
L’attrattiva principale del monastero è l’edificio bianco del Migjid Janraisig Sum con la stupefacente statua di Migjid Janraisig. Si tratta di un’opera cava alta ben 26 metri, realizzata in rame e ricoperta d’oro con all’interno tonnellate di erbe medicinali, rotoli di mantra e addirittura una gher con tanto di arredi. Scattare foto all’interno vuol dire pagare un supplemento al biglietto d’ingresso ma vi assicuro che sono soldi spesi bene. Attorno alla statua, tra odore d’incenso e candele di burro di yak dalle fiammelle tremolanti, si susseguono centinaia di figure di Ayush che osservano nell’oscurità il Migjid Janraisig. Nelle vicinanze di questo tempio si trovano altri edifici, quattro collegi di filosofia buddhista a est e l’Università buddhista Öndör Gegeen Zanabazar a ovest.
Ulan Bator, monastero di Gandan. Migjid Janraisig Sum |
Seconda tappa è la Zaisan Hill, una collina sulla quale è situata il Monumento Commemorativo Zaisan. Un’antica leggenda vuole che un tempo, il monte Chingiltei e il monte Bogdkhan vivessero in pessimi rapporti a tal punto da scatenare facilmente tempeste e bufere. I ministri dei monasteri credendo ci fosse un demone che influenzasse il loro legame presero la decisione di porre una collina tra i due monti e la chiamarono Zaisan Hill. Da allora non ci furono più disastri. Il Monumento Commemorativo, dall’alto del quale è possibile avere una vista panoramica su tutta Ulan Bator, fu costruito dai russi in onore di soldati ed eroi ignoti morti durante le diverse guerre che hanno caratterizzato la storia mongola. Devo ammettere che per me questo posto si è rivelato una piccola delusione. Prima di partire avevo visto un documentario girato pochi anni fa che mostrava la collina come un’oasi di pace nella periferia della città. Ora la sete di espansione ha portato a costruire in breve tempo enormi palazzi e centri commerciali ai suoi piedi.
Ulan Bator, Zaisan Hill. Monumento Commemorativo Zaisan |
Ulan Bator, vista panoramica dalla Zaisan Hill |
Ci spostiamo in quella che è stata la residenza dell’ultimo sovrano mongolo Jebtzun Damba Hutagt VII, il Palazzo d’Inverno del Bogd Khan che per motivi poco noti, a differenza del Palazzo d’Estate, non venne raso al suolo. Anche qui per scattare fotografie all’interno è necessario pagare un supplemento ma stiamo parlando di circa 25 euro, un furto! L’edificio bianco alla destra dell’ingresso è la struttura principale, il Palazzo d’Inverno vero e proprio all’interno del quale sono custoditi gli arredi di un tempo e i doni ricevuti dal Khan dai dignitari stranieri. Un’intera sala dedicata ad animali imbalsamati spiega il gusto del Bogd Khan per la fauna rara con alcuni di questi esemplari che facevano parte del suo zoo personale. Nei sei templi attorno alla costruzione principale sono esposte invece opere d’arte buddhista con preziose sculture ed antichi thangka.
Ulan Bator, Palazzo d’Inverno del Bogd Khan |
Pochi chilometri a nord si trova il cuore di Ulan Bator, piazza Chinggis Khaan (o Gengis Khan), inizialmente intitolata all’eroe della rivoluzione Damdinii Sükhbaatar. Ed è proprio Sükhbaatar a cavallo ad essere raffigurato nella grande statua al centro della piazza. Pensavamo fosse Chinggis Khan ma il monumento a lui dedicato è situato dinanzi al Palazzo del Governo nel bel mezzo di altre due statue che riproducono altri due khan, i guerrieri mongoli Ögedei (a ovest) e Kublai (a est). Ci aggiriamo nel vasto spazio osservando i bambini scorrazzare con le proprie macchine giocattolo mentre alcuni ufficiali in divisa scattano una foto ricordo dinanzi all’imponente edificio del Parlamento. Attorno alla piazza si succedono altre importanti costruzioni, il Palazzo della Cultura a est, la Central Tower con i suoi negozi all’ultima moda a sud e la Borsa Valori della Mongolia sul lato sud-ovest. Trascorriamo la restante parte del pomeriggio in un centro commerciale multi-piano alla ricerca degli ultimi souvenir prima della cena in un ristorante nelle vicinanze del parco divertimenti della città. Dopo oltre due settimane intense si chiude così la nostra avventura in terra mongola, una terra ancora selvaggia che ci ha regalato paesaggi naturali incomparabili e ci ha permesso di conoscere le secolari tradizioni ancora in uso tra le popolazioni nomadi delle steppe.
Ulan Bator, piazza Chinggis Khan |
Ulan Bator, parco divertimenti |
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